giovedì 23 febbraio 2017

Tor di valle e l'ambientalismo relativo

La stampa sta portando all'attenzione del Paese la questione del nuovo Stadio della Roma come se da questa, e non dalla crisi del lavoro e dell'occupazione, dipendesse il futuro degli italiani.
E' un fatto strano, insolito, perchè abitualmente le grandi speculazioni urbane vengono passate sotto silenzio. Ideate, gestite e realizzate cercando di fare meno clamore possibile.
Certo qui c'è di mezzo la vicenda Raggi, la fastidiosa presenza dei 5 stelle piombati nel bel mezzo della "tavolata" romana, promettendo rigore e cibi vegani a chi è storicamente incline ai banchetti a base di grandi portate di abbacchio e pajata.
Cio che mi ha colpito in questa noiosa vicenda non è l'atteggiamento dei prim'attori, o le clamorose dimissioni di Berdini invischiatosi nelle trame di Palazzo,o l'attesa per l'atteggiamento che terranno Grillo e i suoi ragazzi.
Mi ha colpito la presa di posizione del mondo ambientalista. La profonda spaccatura tra chi vede nell'operazione nient'altro che l'ennesima speculazione immobiliare nel cuore della capitale e chi invece ne tesse le lodi, come esempio di un ambientalismo "possibile", che a conti fatti concilia l'incremento di verde e di ossigeno con la crescita del PIL.
Un personaggio come Roberto Della Seta non è un ambientalista qualsiasi. Presidente di Legambiente dal 2003 al 2007. Uno dei massimi esponenti di quell'ambientalismo di sinistra che professa la possibilità, anzi la necessità di sviluppare un ecologismo che stimoli la crescita e la produttività. Ideologo dello "sviluppo sostenibile" dove la sostenibilità è chiaramente aggettivazione dello sviluppo che resta un paradigma irrinunciabile, esattamente come in ogni  espressione del capitalismo economico.E' evidente che il termine "ambiente" assume significati diversi nei due fronti opposti del mondo ambientalista, tra chi difende l'operazione dello Stadio e chi vi si oppone.
Quel'è questa differenza?  Mi sono posto più volte questa domanda e sono giunto alla conclusione che la differenza sta nel sistema di riferimento in cui si colloca il termine "ambiente".
Per alcuni "fondamentalisti" dell'ecologia l'ambiente assume un valore assoluto. Fulcro dello spazio in cui noi stessi abitiamo come elementi secondari e dipendenti, sebbene in grado di perturbarlo intensamente.  Per quelli come  Della Seta l'ambiente è invece qualcosa che ha a che fare con lo scenario in cui si muove il fattore centrale del Sistema che è l'uomo. Così che l'uomo può "gestire" l'ambiente misurandone i valori e ricomponendone i fattori a piacimento. Essere ambientalisti, in questa visone relativa dello spazio, significa in sostanza sostenere tutte quelle modificazioni della realtà ex ante che producano effetti globamente migliorativi in tutti i parametri che ho assunto per descrivere l'ambiente.  Per l'ambientalista fondamentalista l'operazione dello Stadio è contraria ai principi ed alle leggi di Natura (insiste su un'area esondabile, consuma suolo, cementifica etc...). Per l'ambientalismo relativo, libero da valori assoluti e da tabù, l'operazione Stadio è buona, perchè bonifica un'area dall'amianto, incrementa il numero di alberi, si produce da sè gran parte dell'energia di cui ha bisogno...
Io non entro nella diatriba tra le due fazioni del mondo ambientalista. Mi limito a rilevare come la recente enciclica di Papa Francesco "Laudato sì" abbia fatto una decisa quanto sorprendente scelta di campo, schierandosi tra il fondamentalismo ecologista e rivendicando la centralità del Creato rispetto alle singole creature, dove l'uomo compare al livello degli altri esseri viventi.
Ma poichè io sono un architetto e in questo blog si parla di architettura, intendo entrare nella questione che ho aperto rivendicando la presenza dell'architettura, in quanto espressione di bellezza delle forme del costruito, all'interno della definizione di "ambiente".
Allora, se accettiamo l'idea che anche la bellezza dell'architettura faccia parte dell'ambiente in cui viviamo, qualcosa - da architetti - possiamo dirlo sulla vicenda di Tor di Valle. A comiciare dal notare che Tor di Valle non è un  "niente" in attesa di essere occupato da qualcosa. Al centro dell'ansa del Tevere, alla fine degli anni '50 l'architetto Julio Lafuente edificò la tribuna dell'ippodromo. Si tratta di un'architettura dalla straordinaria eleganza. con la sottilissima tettoia che si apre come un ombrello silla tribuna a sbalzo. 




Poche architetture di impianti sportivi al mondo  hanno una forza espressiva di questa portata. Ebbene i fautori del nuovo Stadio considerano quest'opera di architettura un rudere da abbattere per fare spazio alla "vera architettura" espressa dal nuovo stadio e dalle tre torri di Libeskind (che le ripropone un pò dappertutto nel mondo, tanto il decostruttivismo consente di mandare "a culo il contesto", come diceva Rem Koolhaas).


Ecco. E'questo che mi fa paura della visone degli ambientalisti relativi: il loro attribuire valori all'ambiente che escludano concetti non misurabili oggettivamente come la bellezza, l'affetto, il significato dei luoghi o, appunto, il contesto.  Come è possibile che non ci si accorga che Roma è una città orizzontale dove ancora domina la Cupola di San Pietro o il Colosseo e che quindi realizzare tre grattacieli stravolgerebbe il volto della città? Come non accorgersi del valore della tribuna di Lafuente considerandola vecchiume da abbattere?
Questo non considerare le cose "non misurabili" - che tuttavia esistono - è una forma anch'essa di fondamentalsimo. Un fondametalismo anti-episteme, che nega gli eterni per un relativismo assoluto che finisce per essere esso stesso, in quanto assoluto, idolatria. Fede cieca nella scienza e nella tecnica come espressione dell'onnipotenza umana.
Se non siamo più in grado di riconoscere la bellezza dell'architettura di Lafuente, chi ci garantirà che domani non si misconosca la bellezza della Domus Aurea, o del Pantheon, proponendo di sostituirlo con un fast food, magari ecologico perchè a kilometri zero?